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Media Service: Consiglio svizzero della stampa: Un'identità sufficientemente anonimizzata (presa di posizione 32/2016)
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Bern (ots)
Parti: X. c. «Beobachter»
Tema: rispetto della verità / dovere di ascolto in caso di addebiti gravi / rettifica
Reclamo respinto
Riassunto
Un'identità sufficientemente anonimizzata
Il Consiglio della stampa ha respinto il reclamo di una persona descritta da un servizio del «Beobachter». L'identità del protagonista dell'articolo «Modedroge Anabolika» - uno spacciatore (pusher) - risultava sufficientemente anonimizzata.
Il servizio principale del numero del 25 novembre 2015 del «Beobachter», esteso su nove pagine del periodico, era dedicato agli anabolizzanti. Vi si sottolineava l'importanza di un mercato collegato alla crescente industria del fitness e i rischi inerenti all'assunzione di sostanze. Da una proposta di decreto d'accusa erano stati ricavati due testi descriventi i metodi di un «pusher», cioè di uno spacciatore. Il personaggio in questione si è appellato al Consiglio della stampa sostenendo che il periodico aveva insufficientemente anonimizzato la sua identità, con il risultato di renderlo riconoscibile nell'ambiente. Il Consiglio ha respinto il reclamo: il «Beobachter» aveva modificato il prenome e ridotto il cognome alla lettera iniziale, impedendo in tal modo la riconoscibilità della persona: al massimo forse identificabile nello stretto giro di questo mercato, non invece da terzi che ne venivano a conoscenza solo attraverso il servizio. Anche gli altri appunti contenuti nel reclamo sono stati respinti dal Consiglio della stampa. In particolare, il periodico non avrebbe messo il protagonista al corrente delle accuse che gli venivano mosse e aveva rifiutato una sua messa a punto. Il «Beobachter» si era limitato a riassumere i termini del decreto d'accusa e l'identità del «pusher» era, come detto, resa irriconoscibile. Puramente e semplicemente se ne descrivevano gli atti, deducendoli dal decreto d'accusa formulato sulla base dell'inchiesta penale. Il reclamo sosteneva pure che il periodico aveva mancato al dovere di rispettare la verità in quanto, per descrivere l'ambiente, non specificava di riferirsi anche a un altro caso, pure sub judice. Il Consiglio della stampa osserva che, da un punto di vista giornalistico, si trattava dello stesso ambiente: la precisazione che ci si riferiva a due casi penalmente distinti non era perciò necessaria.
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