Manuel Ros: "Il perché gli stranieri non investono in Italia"
Singapore (ots)
L'imprenditore presente alla conferenza WBC tenutasi a Singapore si esprime sulla diversificazione d'investimento ricevendo un largo numero di consensi.
L'intervento durato oltre 30 minuti ha visto il Presidente del gruppo FINVEST HOLDING esprimersi in merito alla presentazione del piano finanziario legato all'investimento di 450 Milioni di Dollari Americani alle Maldive, il quale ha sottolineato i punti cardinali a sostegno dell'investimento gestito dalla holding londinese.
Ne e' derivata una dettagliata analisi politico-finanziaria la quale ha trovato larghi consensi da parte di centinaia d'investitori i quali hanno dimostrato la fiducia a favore del Presidente del gruppo FINVEST HOLDING, Manuel Ros, aderendo alla sottoscrizione dell'oltre 68% del piano d'investimento proposto, un risultato aspettato essendo lo stesso supportato dalla primaria banca locale DBS che affianca la holding di Manuel Ros nella gestione degli investimenti locali.
Al centro dell'analisi si e' posizionata la dinamicita' dei governi e delle condizioni necessarie per favorire il sistema economico e d'impresa a sostegno di un investimento nelle varie aree geografiche, non e' mancato un cenno all'Europa con particolare accento all'Italia, paese nativo del Presidente di FINVEST HOLDING che ha sottolineato le difficolta' d'impresa presenti definendo la nazione non dinamica nella visione sociale, ha esternato, "quando si dice sviluppo raramente si considera l'ampiezza dei fattori tecnici che favoriscono la crescita di un paese, i governi possono scrivere tutte le leggi che desiderano ma nessun testo approvato diventa evoluzione concreta se alla base non esiste l'economia produttiva capace di favorire lo sviluppo stesso, nessuna crescita concreta e' ottenibile senza l'ottimo funzionamento dell'equazione economica vestita dalle dovute regole a sostegno effettivo del lavoro, unica fonte di garanzia per la costruzione di un volano economico capace di crescere in favore dello sviluppo" ha sottolineato.
Ha aggiunto, "Per creare del lavoro, bisogna almeno essere in tre, lo Stato che mette a disposizione l'equazione economica in termine di regole, un imprenditore che apporta l'investimento economico ed la forza lavorativa che presta il servizio, se l'ingranaggio dei tre fattori non e' bilanciato si provocano quelle crepature d'instabilita' corrosive nella longevita' d'impresa danneggiando il lavoro, ovvero, se alla base le tre diverse categorie attribuiscono concetti divergenti alla medesima definizione del significato lavoro, diventa evidente la creazione di uno squilibrio a danno del progetto d'impresa, della sua longetiva' minando le basi per ottenere i risultati necessari".
"In Italia, non e' ancora stato compreso che davanti ad un progetto e maggiormente ad una necessita' di economia, reale e concreta come quella nazionale, non dovrebbero esistere le discussioni sulle priorita' dei diritti e doveri spettanti alle single parti in gioco ma semplicemente bisognerebbe focalizzarsi sulla soluzione tecnica necessaria per favorire lo sviluppo ed attuarla sul terreno senza dare troppa attenzione a chi sara' il danneggiato o il privileggiato. Lucido appare che un'economia in stallo anche avendo scritto nelle pagine di legge i migliori diritti, di fatto non produce nessun beneficio ai destinatari degli stessi essendo il sistema generativo congelato da una mancanza di pulsazione, ecco che, se meno diritti scritti e maggior regole a soddisfazione dei quesiti imprenditoriali favoriscono l'attrazione di capitali a rigenero dell'economia, credo tutti dovrebbero mutare la mentalita' ed immediatamente accantonare la lotta alla richiesta per l'ottenimento di qualcosa che in concreto non produrra' mai frutti ma al contrario persevera nel mantenere distanti chi invece vorrebbe andare in Italia per fare impresa. Se ci fosse una ottima educazione sociale, bisognerebbe spiegare la necessita' non di abbandonare la lotta ai diritti ma semplicemente di sospenderla per riattuarla nei momenti consoni, si eviterebbero inutili polemiche e si potrebbe incanalare l'utilizzo delle medesime energie per riavviare il sistema produttivo".
"Per sbloccare l'ingranaggio ed riavviare il processo economico, la parte difficile d'accettare per la mentalita' europea, come quella italiana e' che le soluzioni tecniche rimuovono parte dei diritti ed aumentano i doveri, fino a quando in tempi di stallo economico i governi, prima di rendere effettiva una regola, accetteranno di fare lo slalom tra le molteplici richieste di conservazione dei diritti derivanti da tutte le parti in causa e l'effettive soluzioni tecniche, non ci saranno mai le condizioni per assicurare agli investitori la famosa equazione economica che un paese alla ricerca di evoluzione dovrebbe imporsi con l'intento di riavviare il polmone produttivo come attirare capitali esteri, una situazione invece non presente nei paesi emergenti contraddistinti da una dinamicita' che anienta l'Europa e l'Italia dalla competitivita' straniera".
"Per capire cosa vuol dire fare impresa in Italia, bisogna prima visitare paesi stranieri per vedere e sentire come funziona il sistema generale legato al lavoro nonchè il significato tecnico ed ideologico che attribuiscono alla definizione d'impresa, ci sono paesi detentori di organizzazioni politiche, sociali ed economiche aventi come unico scopo il supporto delle aziende poste al centro di ogni analisi e salvaguardia, capaci d'agire nella tutela del lavoro mantenendo il rispetto di tutte le parti in causa, la differenza sta che in questi paesi non viene usata la bilancia sociale per la distrubuzione in modo equo dei diritti tra le parti ma bensi' vengono adottate solo le soluzioni tecniche utili allo svilupo costante del lavoro stesso, unico elemento di attenzione culturale, come offerto tra altri dai governi delle aree geografiche delle Maldive e l'Asia in genere".
"Quando il lavoro riceve la maggiore attenzione e tutte le regole vengono definite non per garantirsi dei dirittti a priori ma bensi' per irrobustire il meccanismo d'impresa, la crescita reagisce in modo esponenziale in favore di tutte le parti in causa, molti preferiscono avere meno diritti e piu' doveri nei confronti del lavoro pur d'ottenere i risultati positivi prodotti dagli investimenti apportati dalla categoria degli imprenditori divenuti ricettori di offerte contraddistinte da un sistema gestito e basato sulla protezione della logevita' d'impresa a favore del volano economico che il sistema culturale gli ha permesso d'avviare".
"Ancora una volta, alla base esiste la mentalita', se tutte le parti in causa non fanno unione senza pretendere l'impossibile, avendo come unico obbiettivo quello di produrre il volano economico, l'impresa non dara' mai i suoi frutti e l'esempio lo abbiamo in Europa, continente invaso dalle associazioni di rappresentanza che usano soldi dei governi, non per produrre ed insegnare ai loro rappresentati che la richiesta dei diritti va combattuta quando ci sono le condizioni ma bensi per inveire contro quei pochi ancora rimasti che provano a fare impresa in Italia".
L'analisi ha toccato il cuore della motivazione dove, il Presidente del gruppo FINVEST HOLDING sostiene che in Italia non ci sono investimenti nazionali e tanto meno esteri perche' il sistema sociale, politico e d'impresa non offre soluzioni che possano stimolare grandi organizzazioni e tantomeno gli imprenditori destinatari di molteplici offerte maggiormente attraenti provvenienti da altre aree, spiega che in Europa non e' presente la forma in cui costruire un paese attrattivo, non sono considerati i singoli ingredienti che attraggono e mantengono un imprenditore con l'intento di fare impresa, la concorrenza sul pianeta e' molta e le soluzioni offerte dall'Italia non vincono sulla competitivita'.
Definisce il concetto d'imprenditore colui il quale ha chiaro l'affronto del primo passo come l'acquisizione di un rischio seguito da uno sborso economico, l'imprenditore agisce per devozione al proprio lavoro oltre che per la soddisfazione derivante dalla realizzazione dei propri ideali, questo contraddistingue la primaria riflessione sulla stabilita' dell'impresa che intende creare e non solo all'importo finanziario frutto dell'investimento, diventa bisognoso delle regole legate alla gestione del progetto imprenditoriale nel tempo e su questo punto classifica l'Italia non concorrenziale.
Determina il sistema italiano individualista, con l'imprenditore bersaglio del sistema sociale, incapace di garantire agli investitori la protezione degli investimenti, fabbricante di vertenze sindacali, imposizioni sociali su quali e quanti lavoratori deve assumere nella propria azienda, si vede obbligato a dover definire concordati con categorie estranee agli investimenti eseguiti che pretendono potere decisionale nella sua impresa, un sistema che espone l'imprenditore a ricevere controlli da parte di ogni tipo di autorita' e per ogni ragione senza pero' ricevere supporto a sostegno essendo lo stato incapace di fornisce il supporto di infrastrutture, una consona pressione fiscale, una moderna burocrazia e molto altro, ecco perche' un imprenditore estero che confronta l'Italia con terzi paesi decide di andare altrove".
Queste sono state parte delle ragioni dichiarate dal Presidente della holding inglese in merito agli investimenti esteri dove ha oltretutto definito sentirsi ammareggiato per aver sempre trovato risposte negative dagli investitori esteri ogni qualvolta il suo gruppo ha presentato opportunita' italiane.
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Paolo Martelli
Redazione