Discours Suisse - Integrazione: scuole svizzero-tedesche sulla buona strada
Berna (ots)
La questione dell'integrazione degli stranieri è tornata alla ribalta dopo l'approvazione del divieto di costruzione dei minareti. Se si guarda alla situazione nelle scuole svizzero-tedesche si constata che gli sforzi e i progetti non mancano.
Ogni cantone, ogni comune e ogni istituto scolastico può decidere autonomamente di lanciare delle offerte. Così, a Kreuzlingen (TG) sono stati organizzati corsi di religione islamica, mentre nella vicina Sulgen i bambini di quattro anni imparano in modo approfondito il tedesco. Il canton Turgovia punta invece sulla "scuola sotto un tetto", ossia riunisce i diversi livelli in una sola sede. A Basilea Città si balla con professionisti, a Berna vi sono corsi per madri e figli.
"La scuola è lo strumento di integrazione più importante della nostra società", afferma Martin Wendelspiess, responsabile dell'ufficio della scuola obbligatoria del canton Zurigo, dove un terzo degli scolari parla una lingua diversa dal tedesco e un quarto ha un passaporto straniero. Solo il 5% dei giovani alloglotti frequentano tuttavia il liceo, mentre tra i germanofoni sono oltre il triplo.
Negli ultimi anni la statistica è un po' migliorata a favore dei bambini e ragazzi che parlano altre lingue, ma il cantone non è ancora soddisfatto. A circa 15'000 alunni viene insegnato il tedesco come lingua straniera, un'offerta che esiste anche in altri cantoni.
Intanto tutti i cantoni svizzero-tedeschi hanno introdotto un responsabile per le questioni interculturali nell'ambito della scuola. Basilea Città e Campagna, Friburgo, Lucerna, San Gallo e Soletta promuovono inoltre in modo particolare la lingua madre.
Ma i cantoni non agiscono sempre in solitario: Zurigo e Basilea, i due cantoni che maggiormente si confrontano con la migrazione, cooperano con Ginevra. I direttori cantonali dell'educazione pubblica della Svizzera nordoccidentale scambiano esperienze in materia di promozione delle lingue.
E con il progetto "Quims" (qualità nelle scuole multiculturali) Zurigo funge da modello per programmi a San Gallo e Lucerna. Le scuole con una quota di allievi non tedescofoni di almeno il 40% ottengono mezzi supplementari. A Zurigo ne approfittano già 85 istituti dal 2006. A Lucerna venti delle 250 sedi ricevono più insegnanti, consulenti e relatori. Inoltre i docenti possono richiedere consigli su questioni specifiche come dispensare dai corsi allievi di altre religioni in occasione delle loro giornate festive.
In comuni come Emmen (LU), dove la quota di alunni di lingua straniera si situa attorno al 50% in tutti gli istituti, simili consigli non hanno però grande importanza, poiché questi argomenti non rappresentano più una novità. "Abbiamo a che fare già da anni con altre lingue e altre religioni nelle classi", afferma il direttore Jann Gruber. La sua scuola scambia esperienze e materiale d'insegnamento con altri istituti e invita relatori provenienti da altri cantoni. "Per me spiegare e capire sono i termini chiave del lavoro d'integrazione quotidiano", aggiunge Gruber.
Secondo Beat W. Zemp, presidente dell'associazione dei docenti svizzeri DCH, le misure di integrazione dipendono fortemente dai singoli insegnanti. "Può succedere che un giorno in classe ci sia un nuovo alunno di lingua straniera. La palla è allora nel campo del docente", spiega Zemp.
Esistono strumenti facili per vivere l'integrazione: come una nuova foto di classe, che dà al nuovo arrivato un senso di appartenenza, e i programmi di mentoring, in cui singoli allievi sostengono i nuovi compagni e li aiutano nei compiti a casa. "Ma ciò non basta per integrare bambini non germanofoni se essi non parlano affatto o solo poco la lingua usata a scuola. In quei casi sono necessarie misure di sostegno mirate", aggiunge Zemp.
Tuttavia, sottolinea il presidente di DCH, l'integrazione non è una strada a senso unico in cui solo gli uni devono adattarsi agli altri. "Dobbiamo aderire a un'etica accettabile per tutti, basata sulla Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite."
In materia di integrazione le scuole svizzere sono sulla buona strada. Sussistono ancora problemi con la seconda generazione degli immigrati negli anni '80 e '90, in particolare con i giovani provenienti dai Balcani e dalla Turchia. Ma gli studi PISA hanno mostrato che i risultati scolastici di questa seconda generazione sono migliori di quelli della prima.
NOTA: la notizia è stata redatta nell'ambito del Progetto"Discours Suisse", patrocinato dal Forum Helveticum (FH), dalla Netzwerk Müllerhaus (NM) e dall'Agenzia telegrafica svizzera (ATS), il cui scopo è promuovere la comprensione tra le comunità linguistiche del Paese. Informazioni più complete sono contenute sul sito internet www.discours-suisse.ch
Lucia Theresia Theiler
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