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Media Service: Consiglio svizzero della stampa. Presa di posizione 46/2011 Parti: Meier c. «Bote der Urschweiz» Reclamo parzialmente accolto
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Interlaken (ots)
Tema: Dovere di ascolto / Rispetto della verità / Deformazione
Riassunto
Si doveva interpellare il magistrato Il «Bote der Urschweiz» non ha rispettato la deontologia Il Consiglio della stampa ha dato parzialmente ragione a un procuratore pubblico del Canton Svitto contro il giornale «Bote der Urschweiz». Il magistrato era stato reso sospetto di una violazione del segreto istruttorio e il suo parere non era stato ascoltato. Il 15 giugno 2011, sotto il titolo «Cresce il conflitto attorno alla giustizia a Svitto», il quotidiano riferiva su una controversia che oppone il ministero pubblico del Cantone ad alcuni giudici del Tribunale cantonale. «Der Bote der Urschweiz» aveva preso spunto da un servizio del «SonntagsBlick» intitolato: «Scandalo giudiziario a Svitto», dopo la scarcerazione (ritenuta prematura) di un uomo sospetto di pedofilia, decisa dal presidente del Tribunale cantonale, Il «Bote» si domandava se la notizia non fosse filtrata dalla magistratura inquirente, per reazione a certe critiche formulate in un altro caso dai giudici verso la Procura. Il giornale constatava: «È impossibile provarlo, ma la cordata è evidente», e a sostegno dell'illazione faceva il nome di quattro persone, tra cui quelli di due procuratori pubblici. Uno dei procuratori sospetti si è rivolto al Consiglio della stampa lamentandosi che il «Bote» non aveva ritenuto di verificare presso di lui il sospetto di «fuga» della notizia. La redazione risponde che un'accusa vera e propria l'articolo non la sosteneva: si parlava solo di «cordata», cioè di un legame fra le circostanze, fatto questo di evidentemente interesse pubblico. Il Consiglio della stampa è stato del parere che il detentore di un pubblico ufficio, designato per nome come autore di un'indiscrezione, ha il diritto di essere interpellato prima della pubblicazione. L'addebito era pesante e gettava olio sul fuoco di una controversia di pubbico dominio. La redazione avrebbe perciò dovuto farsi parte diligente: anzi, avrebbe dovuto interpellarle tutte, le persone citate. Il reclamante sosteneva pure che il «Bote der Urschweiz» era incorso in due errori di formulazione, e con questo avrebbe deformato la verità. In questo caso, però, il Consiglio della stampa non gli ha dato ragione. È vero che un particolare era errato e un altro era stato formulato in modo impreciso. E tuttavia non ogni imprecisione è da definire una mancanza al dovere di rispettare la verità. La scorrettezza dev'essere di un certo rilievo. Le due imprecisioni di dettaglio rilevate non erano in definitiva tali da trarre in inganno il lettore.
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