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Dissimulare la propria identità per condurre un'inchiesta è ammesso ma a condizioni molto strette (presa di posizione 80/2021)
Un document
Berna (ots)
Parti: Frammery et Addor c. "heidi.news"
Tema: Metodi sleali / Vita privata / Dignità umana
Reclamo respinto
Riassunto
In quale misura possono i giornalisti svolgere un'inchiesta dissimulando la propria identità? Per il Consiglio della stampa, solo se le informazioni ricercate rivestono un interesse pubblico evidente e non sarebbe possibile ottenerle altrimenti.
Tra settembre e ottobre 2020, "heidi.news" ha diffuso un servizio in otto puntate intitolato "Nel cuore della 'complosfera'" in cui si narrava come funziona un gruppo di adepti alle teorie dette complottiste nella Svizzera romanda. Per effettuare l'inchiesta il giornalista ha tenute nascoste le sue intenzioni, occultando persino alcuni suoi elementi biografici. Un'infiltrazione durata due mesi, nell'estate del 2020. Due membri del gruppo si sono rivolti al Consiglio della stampa, contestando in particolare la dissimulazione, ritenuta deontologicamente inammissibile.
La "Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista" si esprime effettivamente contro l'impiego di "mezzi sleali" per raccogliere informazioni, ma ammette eccezioni in cui la dissimulazione può essere definita legittima e conforme alla deontologia. Le eccezioni previste sono due: (1) se le informazioni raccolte rivestono un interesse pubblico prevalente, (2) se non sarebbe possibile ottenerle con mezzi leali.
Nella fattispecie, la conoscenza dall'interno di un movimento come quello ritratto presentava un evidente interesse pubblico nel contesto tutto speciale della pandemia e per un tipo di movimenti la cui attività era stata registrata all'estero. È vero poi, secondo il Consiglio della stampa, che una parte delle informazioni raccolte non si sarebbe potuto portarla a conoscenza del pubblico senza la dissimulazione. Reclamo, pertanto, respinto.
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