Discours Suisse - Frattura centri-periferia: Fronti opposti in Svizzera tedesca
Bern (ats/ots) -
di Luca Nessi, ats
I fronti non sono distanti quanto l'idillio del paesello alpino e il grigiore della città in "Heidi" di Johanna Spyri, ma nella Svizzera tedesca centri e periferia talvolta si guardano in cagnesco, talora non si ascoltano e solo di tanto in tanto si parlano da pari a pari. Molto ruota attorno alle finanze pubbliche e in tempi di vacche magre le posizioni si irrigidiscono. L'antagonismo è vivo anche nell'Altopiano, anche se visto dal cielo sembra una regione quasi uniformemente urbanizzata.°
"C'è spaccatura quando ci sono richieste unilaterali ed esagerate" da parte dei centri, dice Thomas Egger, direttore del gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB). Un buon esempio è il fallimento in votazione del controprogetto all'iniziativa "Avanti", bocciato proprio perché non teneva in debito conto le esigenze della periferia in materia di mobilità, spiega il geografo.
Regioni periferiche svalutate
Secondo Egger, nelle città manca ancora la consapevolezza che i due spazi - urbano e periferico - dipendono uno dall'altro e debbono trovare "soluzioni comuni". Purtroppo - constata - "lo stimolo per discutere i problemi tra le due parti viene dalla periferia, le città sono piuttosto reticenti".
Ma queste smentiscono scandendo praticamente le stesse parole: tra le parti "ci vuole un dialogo duraturo e la convinzione di poter lavorare assieme", afferma il supplente del segretario generale della città di Berna Ralf Treuthardt. Questi riconosce del resto che "le regioni di montagna si trovano in una posizione altrettanto difficile delle città".
Ma Egger rincara. I centri dimenticano l'apporto della periferia, non solo in termini di produzione, ma anche di ricreazione o di risorse, come l'acqua potabile di cui le città approfittano gratuitamente. La frattura rischia di allargarsi se si andrà avanti con l'attuale "spirito liberalizzatore dove tutto, comprese le regioni, deve essere in concorrenza", ammonisce Egger.
Responsabilità politiche
"Recentemente i contrasti crescono dato che la volontà politica di ridurre le disuguaglianze si sta sbriciolando e i mezzi finanziari per realizzarla si stanno assottigliando", constata dal canto suo il presidente dell'Unione svizzera dei contadini (USC) Hansjörg Walter. Storicamente però la Confederazione si fonda da sempre sull'equilibrio degli interessi divergenti dei centri e della periferia: "non ho nessuna paura di un blocco politico o sociale della Svizzera", afferma.
Anche Viola Amherd, sindaca di Briga, il polo amministrativo dell'Alto Vallese con circa 12#000 abitanti, non è troppo pessimista, ma avverte: "se la Confederazione si ritira dalle periferie senza misure di compensazione, il conflitto città-campagna potrebbe acuirsi".
Particolarmente inquietante per Ernst Nigg, sindaco di Igis-Landquart (GR), comune di oltre 7000 abitanti sull'asse Zurigo-Coira, è il divario nel servizio pubblico. La tendenza alla privatizzazione, per le regioni discoste non porta nulla di buono, spiega. Attualmente si praticano - "in modo consapevole" - politiche distinte per le aree periferiche e per le città: "è ora di cambiare rotta", auspica.
Montagna intrinsecamente svantaggiata
Schietto anche l'ex direttore dell'UFIAML e padre della politica regionale svizzera Jean-Pierre Bonny: "il 70#% della superficie del Paese è regione di montagna, ma il potere economico e finanziario è nelle zone urbane. Sopprimere (come previsto) la legge sull'aiuto agli investimenti (LIM) in questo comprensorio sarebbe micidiale". Nelle valli alpine, senza investimenti pubblici, è impossibile garantire un'infrastruttura adeguata e formazioni interessanti per la gioventù. "Vi è il rischio di svuotare le regioni di montagna", afferma.
L'ex consigliere nazionale bernese (PLR) vede come fumo negli occhi gli orientamenti della nuova politica regionale e si augura che lo spirito della solidarietà confederale torni ad animare la classe politica. "Tutto, ferrovie, posta, esercito, viene ridotto e concentrato: bisogna opporsi ad una Svizzera limitata al triangolo d'oro Zurigo-Basilea-Ginevra", dichiara.
Difficoltà oggettive per i centri
Sul fronte degli agglomerati urbani i pareri sono solo un po' più sfumati. Negare differenze strutturali relative alla forza economica, alle possibilità formative, ai servizi sanitari e all'offerta culturale sarebbe ingenuo, sottolineano all'unisono i sindaci delle città.
Alcune divergenze però non favoriscono affatto i centri. Ad esempio, è qui che approdano prevalentemente i migranti e la proporzione di cittadini che fa capo agli aiuti pubblici vi è più elevata, ricorda il capo del Dipartimento dell'economia e della socialità di Basilea Città Ralph Lewin.
L'Altopiano è tutt'altro che omogeneo. Quello che taluni hanno chiamato "Città svizzera" in realtà è un mosaico di zone agricole, regioni industriali affrancate in varia misura dal secondario, paesi e città con i loro sobborghi più o meno ricchi. La frontiera centro-periferia, che può essere definita da indicatori demografici, economici e morfologici, è labile e attraversa il Mittelland a tutti questi livelli.
Frattura nella mentalità politica
La profonda assimilazione socio-economica delle periferie nei centri è un fatto non ancora acquisito nella mentalità della popolazione delle cinture urbane, si rammarica ad esempio il direttore dell'Unione delle città svizzere Urs Geissmann. Tuttavia a prova dell'avvenuta integrazione ci sono i risultati di votazioni federali su temi riguardanti la politica estera (rapporti con l'Europa, Onu) o di società (droga, aborto), dove le periferie si esprimono, come i centri, per "l'apertura".
I sociogeografi zurighesi Michael Hermann e Heiri Leuthold giungono però a una conclusione meno netta. Schlieren, Emmen e Birsfelden (BL), rispettivamente fagocitate da Zurigo, Lucerna e Basilea, votano in modo molto più conservatore dei loro centri.
È vero che in votazioni a carattere locale come pure nella ripartizione partitica della popolazione, divergenze tra città (con un PS forte) e periferia (UDC forte) permangono, ammette Geissmann. La mentalità è s" forgiata dall'ambiente socioeconomico, ma non si tratta di un processo istantaneo. Anche per il politologo di Svitto e docente all'università di Berna Iwan Rickenbacher l'urbanizzazione della periferia, con il corollario obbligato di problematiche cittadine, produrrà inevitabilmente una mentalità politica urbana.
La periferia impedisce il progresso
Molto più profilato il sindaco di Zurigo Elmar Ledergerber che sulla questione si è già espresso in passato. "La Svizzera, essenzialmente urbana, si fa imporre la propria politica dalla campagna, che però è solo una minoranza. È un enorme freno allo sviluppo economico, essenzialmente merito delle città".
"Con l'urbanizzazione dei sobborghi l'equilibrio si è spostato a favore della periferia. Dove può condurre questo fenomeno, in combinazione con forti elementi federalistici, ce lo mostra il modello Usa. La campagna si impone sulle città e lascia loro tutti problemi, mentre in periferia appaiono ghetti per i ricchi", si rammarica Marc Baumann, stretto collaboratore di Ledergerber. Anche Hansjörg Wahrenberger, sindaco di Neuhausen am Rheinfall, ormai fisicamente parte di Sciaffusa, denuncia "la desolidarizzazione" di quella che chiama la "cintura periferica dei comuni belli grassi".
Per Urs Locher, sindaco di Zofingen (AG), località di circa 10'000 abitanti a una cinquantina di chilometri da Zurigo, Basilea, Berna e Lucerna, "i piccoli cantoni rurali hanno troppo peso." "In futuro dovremo mettere in discussione la doppia maggioranza per le modifiche costituzionali", afferma.
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